I musei di Sant’Agata e l’artefice silenzioso
Il paese di S.Agata, frazione del comune di Scarperia, si connota per alcune caratteristiche che lo rendono unico e prezioso nel panorama mugellano. La maestosa pieve romanica del XII° secolo, domina con la sua mole un tessuto urbanistico d’impianto medievale dove, tra vie erte e sinuose, vicoli, chiassi e ponti, risaltano anche palazzi storici cinque-seicenteschi.
Accanto alla secolare presenza dell’insediamento antico e della straordinario monumento religioso, (preziose eredità della generazioni passate), ci sono inoltre ben tre musei che da pochi anni arricchiscono l’immagine del paese dal lato culturale e turistico: la Raccolta di Arte Sacra e il Centro di Documentazione archeologica nel complesso architettonico adiacente alla pieve, e il museo dei Personaggi in movimento di Leprino nella zona nord del paese.
Le tre esposizioni, tutte inserite nel Sistema museale del Mugello, costituiscono una testimonianza culturale importante nel territorio, tanto più significativa perché frutto dell’iniziativa e dell’impegno di volontari, per i quali è naturalmente anche motivo di orgoglio identitario.
Ma come è nata questa singolare concentrazione museale in un piccolo paese come S.Agata?
A parte il museo dei Personaggi in movimento – che ad opera dell’impegno e del talento di Leprino, si forma a partire dalla fine degli anni ’70 del Novecento – i due musei di Arte sacra e di Archeologia nascono nei primi mesi del 2000, anche se la loro gestazione prende avvio almeno una ventina di anni prima.
Ed è proprio a questi due musei, e in particolare alla Raccolta di Arte sacra, che è intimamente legata la figura di don Corrado Paoli (1928-2006). Pievano di S.Agata dal 1996 al 2006, don Corrado ebbe un ruolo determinante nella realizzazione dei musei. Alla quale concorsero ovviamente tante altre persone, come i volontari del Gruppo archeologico e della Parrocchia, oltre a istituzioni come il Comune e la Comunità Montana ed enti come la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, oltre naturalmente le Soprintendenze per i beni artistici e per i beni archeologici. Ma la parte decisiva fu svolta da don Corrado che era al centro di tutto il progetto di messa a punto e di restauro, talvolta radicale, dei contenitori espositivi, tutti di proprietà della parrocchia, generosamente messi a disposizione.
Il proposito di dare una sistemazione museale alle numerose opere d’arte di proprietà della pieve e a quelle provenienti dalle cinque chiese suffraganee, da anni soppresse come parrocchie (S.Gavino al Cornocchio, S.Michele e Lumena, S.Andrea a Cerliano, S.Lorenzo a Montepoli e S.Clemente a Signano), risaliva al pievano don Edo Ancillotti (1910-83), il quale fin dai primi anni ’80 del Novecento si era speso per ottenere aiuto e appoggio presso la Soprintendenza e anche presso la Curia fiorentina, enti che tra l’altro si erano dichiarati entrambi favorevoli all’idea.
Morto don Ancillotti nel 1983, il nuovo pievano don Francesco Parigi (1929-96) aveva dimostrato qualche interesse per l’iniziativa, ma le complicazioni burocratiche e organizzative, oltre alle prevedibili difficoltà economiche, ritardavano all’infinito la concretizzazione del progetto, tanto che alla sua morte la raccolta espositiva delle opere d’arte della pieve di S.Agata rimaneva ancora un sogno lontano.
Nel 1986 tuttavia, una prima proposta articolata di musealizzazione, ancorata a una precisa ricognizione e schedatura delle opere d’arte disponibili, venne dalla pregevole tesi di laurea di Lia Brunori, dedicata proprio alla Pieve di S.Agata e ai suoi tesori artistici.
Va detto però che al tempo di don Francesco fu gettato il primo seme concreto. Trovarono infatti sistemazione (allora si pensava provvisoria) nell’oratorio della Compagnia le prime opere della futura Raccolta, cioè gli affreschi del tabernacolo quattrocentesco posto all’antico ingresso sud del paese. Gli affreschi con le relative sinopie erano proprietà privata della signora Teresa Manescalchi. Già malridotti dal tempo e dall’incuria, erano stati staccati dalla Soprintendenza negli anni ’60, e nel 1991, finalmente restaurati, dovevano essere riconsegnati alla proprietaria. Filippo Bellandi – preoccupato della sorte incerta cui sarebbero andate incontro le opere – si interessò presso l’anziana signora Manescalchi e, con l’intervento anche di Giuseppe Mengoni, fu trovata la soluzione della donazione degli affreschi (atto firmato nel 1992, proprio il 5 febbraio, festa di Santagatina) alla parrocchia di S.Agata, con la condizione che fossero esposti al pubblico e resi disponibili agli studiosi. Per trovare una collocazione dignitosa agli affreschi, nel giugno 1993 il Gruppo Archeologico prese l’iniziativa e convocò una riunione con gli altri gruppi organizzati del paese (Consiglio pastorale, Centro Polivalente, Gruppo maggiaioli) insieme al pievano e a rappresentanti dell’amministrazione comunale, più alcuni cittadini interessati. La Compagnia – allora in condizioni di abbandono – apparve a tutti l’unica soluzione, ma andava almeno ripulita e imbiancata. Le risorse per i lavori furono messe a disposizione dal Centro Polivalente e dal “comitato per Luigi”(Agostini) formatosi per l’ordinazione sacerdotale del compaesano avvenuta l’anno prima.
Don Francesco accolse con entusiasmo l’idea e, dopo i lavori di imbiancatura e pulizia, provvide a far collocare le opere nella Compagnia, nello stesso posto dove tuttora si trovano.
La vicenda del ritorno e della sistemazione degli affreschi coinvolse anche emotivamente tante persone del paese, sia egli anziani che già li avevano ammirati nel tabernacolo, sia i più giovani che li vedevano per la prima volta, risvegliando orgoglio e senso di appartenenza alla comunità.
Questo seme era destinato a germogliare e poi a sbocciare nella futura Raccolta, ma sulla sua realizzazione allora nessuno avrebbe scommesso una lira.
All’arrivo di don Corrado Paoli nel 1996 si crea intorno alla parrocchia un clima nuovo, di grande partecipazione, favorito certamente dall’apertura e dalla disponibilità del nuovo pievano che coinvolge giovani e meno giovani del paese. Infatti, benché timido e riservato, don Corrado riusciva ad avvicinare la gente, a coinvolgerla e a incoraggiarla ad agire, col suo atteggiamento bonario, la sua schiettezza, la sua silenziosità gioiosa e affettuosa, col suo ottimismo velato che traspariva dietro la battuta pronta e spiritosa.
Così nella nuova atmosfera di operosità che si crea intorno alla parrocchia, l’idea di un allestimento espositivo delle opere d’arte – sempre presente in tante persone del paese – viene riproposta con forza quando si incontra con l’esigenza del Gruppo archeologico locale di trovare un allestimento museale più adeguato ai tanti reperti archeologici che dal 1983 erano esposti– in maniera approssimativa, ma già visitati e apprezzati da molte scolaresche del Mugello – presso una sala di Villa Aiazzi, uno dei palazzi storici del paese.
La somma delle due esigenze spinge verso una soluzione congiunta, e si comincia a cercare nei tanti locali della parrocchia il posto adatto, ovviamente con la piena disponibilità di don Corrado. Dopo avere esplorato e poi scartato l’ipotesi delle grandi cantine sotterranee – con la partecipazione diretta e collaborativa del sindaco Alessandro Marchi che subito aveva aderito al progetto espositivo – non potendo occupare ambienti della vera e propria canonica, non restava che la Compagnia (per l’arte sacra) e gli adiacenti locali rustici che si affacciano sul chiostro (per i reperti archeologici).
Don Corrado dopo qualche comprensibile esitazione – legata forse alle resistenze di chi avrebbe preferito lasciare la Compagnia all’esposizione dei defunti in attesa del funerale e all’allestimento del sepolcro per la settimana pasquale, come era usanza da alcuni anni – condivise finalmente la proposta e mise a disposizione i locali della Compagnia e i piccoli ambienti ex rurali (tinaia, stallina, fienile, pollaio, legnaia) abbandonati da tempo e allora in condizioni di estremo degrado.
Sicuramente fu per don Corrado una scelta coraggiosa quella di investire energie e risorse per realizzare dei musei in un paesino come S.Agata, tanto più coraggiosa se si pensa che qualcuno a lui vicino – non della zona, ma di fuori – lo aveva quasi sbeffeggiato dicendogli che avrebbe fatto meglio a fare appartamenti (rendono di più) piuttosto che musei.
Ricordo l’amarezza con cui raccontava questo episodio, ma anche la sua convinzione di aver imboccato la strada giusta e la determinazione con cui ormai voleva procedere.
Don Corrado era convinto e deciso anche perché sostenuto dal diffuso entusiasmo suscitato in paese dall’idea dei musei, oltre che dal sostegno concreto dell’Amministrazione comunale che aveva concesso un sostanzioso contributo, come pure la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, per la realizzazione dei lavori. La Comunità Montana – nel cui sistema museale si sarebbero inserite anche le esposizioni santagatesi – avrebbe inoltre provveduto ai non indifferenti oneri dell’allestimento.
Infatti il pievano andò avanti nel proposito, perché l’obiettivo che gli stava a cuore era quello di dare una sistemazione definitiva e dignitosa soprattutto alle opere di arte sacra, per tutelarle e per farle conoscere a tutti, ma anche ai reperti archeologici di cui aveva cominciato poco alla volta a scoprire il valore documentario e il significato culturale.
Una volta avviati i lavori, si presentarono molti scogli da superare, difficoltà impreviste e anche qualche polemica, ma sopratutto i pesanti impegni finanziari da soddisfare. Dovette sobbarcarsi tante preoccupazioni e tanti grattacapi, ma rimase sempre al centro del complesso intervento di ristrutturazione fino alla sua conclusione ai primi del 2000.
Ma ancor prima del termine dei lavori partecipò sempre alle riunioni organizzative e alle discussioni da cui poi prese vita l’associazione culturale onlus Mu.S.A- Musei S.Agata, nel dicembre del 1999, creata appositamente per gestire e valorizzare le due esposizioni.
Infatti alla vigilia dell’apertura dei musei, si era posto il non semplice problema della loro gestione, dando per scontato che doveva rimanere nell’ambito delle persone del paese che si erano da anni volontariamente impegnate nel progetto. In prevalenza queste persone erano vicine al Gruppo archeologico, al Consiglio pastorale e in genere alla Parrocchia, per cui l’associazione doveva rispettare questa diversa appartenenza, come poi venne formalizzato nell’atto di fondazione e nello statuto dell’associazione.
Finalmente l’8 aprile del 2000 l’inaugurazione dei due musei – cui partecipò tutto il paese insieme a tantissime persone del Mugello e di Firenze oltre alle autorità istituzionali – coronò i tanti sforzi di don Corrado e dei volontari.
Tutte le opere d’arte erano finalmente esposte, in gran parte restaurate e al sicuro e soprattutto visibili al pubblico. Anche i tanti reperti archeologici – dalla preistoria agli etruschi e ai romani fino al medioevo – avevano ora una collocazione dignitosa e un allestimento suggestivo e didatticamente efficace.
Molte opere d’arte sacra, benché provenienti dalla chiesa di S.Agata e dalle chiese circostanti, erano fino ad allora sconosciute ai più, alcune perché in restauro da anni, altre perché custodite in canonica per motivi di sicurezza. La popolazione “scoprì” così per la prima volta i “propri” tesori artistici, espressione ed eredità spirituale della sua storia millenaria, ma anche i tanti insospettabili reperti della vita materiale del territorio, alcuni dei quali risalenti addirittura all’uomo primitivo di 250mila anni fa. La consapevolezza di far parte di una comunità con radici così remote e con testimonianze artistiche così raffinate riempì di orgoglio la popolazione e rinforzò il suo senso di appartenenza.
L’amore di don Corrado per le opere d’arte della “sua” pieve e del museo si manifestava ogni domenica, quando immancabilmente – anche in pieno inverno, imbacuccato con tabarro e passamontagna neri – scendeva ad aprire la chiesa ai visitatori e a controllare che i musei fossero regolarmente aperti.
E quando si presentavano dei gruppi, o anche singole persone, desiderosi di vedere la pieve, in qualsiasi giorno della settimana e a qualunque ora del giorno, si offriva volentieri, con fierezza ed entusiasmo giovanile a fare da guida, a illustrare le bellezze della chiesa e delle tante opere che conteneva.
Del resto il suo interesse per le opere d’arte e per la loro salvaguardia lo aveva dimostrato da sempre, come ad esempio quando, ancor giovane parroco della Cavallina, segnalò tempestivamente e riuscì a ottenere il restauro di una tela attribuita al Pontormo.
Per tutte queste ragioni specifiche – oltre naturalmente che per le particolari qualità di sacerdote e di parroco – l’associazione Mu.S.A-Musei S.Agata, in accordo con l’Amministrazione comunale, in occasione della festa di Santagatina, nel primo anniversario della morte, dedica a don Corrado Paoli l’intitolazione della Raccolta di Arte Sacra, apponendo una targa ricordo.
La targa vuole mantenere vivo nelle generazioni presenti e in quelle future il ricordo di un prete che tanti segni positivi ha lasciato nelle cose, ma soprattutto nei cuori di chi lo ha conosciuto.
Questa nota, nel ripercorrere le vicende che hanno portato alla nascita dei musei, vuole inoltre esprimere, per questo ”artefice silenzioso” che non amava la prima fila, il sentimento di gratitudine e di affetto delle tante persone che lo affiancarono nell’impresa.